Ogni tanto mi piace lasciare sfogare quella parte "girly" e vezzosa che è in me. Ho passato anni a negarla, a vestirmi come un sacchettino e a cercare di essere il più possibile antifemminile, credendo (sbagliando) di essere presa più sul serio se mi "facevo brutta". Oggi ho disegnato in una pausa questa bambolina retrò. Sometimes girl just wanna have fun.
lunedì 27 febbraio 2012
giovedì 23 febbraio 2012
Kind of magic – Waiting with Billie.
Quando sembra tutto normale ma poi c’è quel particolare che: kind of magic. Quando ti affacci alla finestra e vedi il solito paesaggio, ma poi laggiù in lontananza c’è un dettaglio che: kind of magic. Quando un disegno si trasforma in parole e viceversa: kind of magic.
Un tipo di incantesimo quotidiano che nasce dai discorsi di due amiche - di fronte a interminabili caffè - che hanno scoperto di vedere il mondo all’incirca allo stesso modo: kind of magic!
E insomma quelle amiche siamo noi, Noemi Cuffia ed io. E da oggi in poi kind of magic sarà la nostra nuova rubrica “a blog unificati” con illustrazioni raccontate e racconti illustrati: speriamo vi piaccia e vi regali un po’ di sogni a occhi aperti.
Qui, il blog di Noemi!
E io ormai l’età per esplorare là fuori ce l’ho, o almeno così credevo, ne ero sicura, convinta. Ho fatto un passo e già il viaggio incominciava. Sono piccola e leggera: mi sono infilata tra le assi del selciato. Però invece subito mi ha travolta un autobus giallo. Non scherzo. Sopravvivere è stato un miracolo. E lì ho iniziato ad aver paura. Poco dopo, mi sono rifugiata in un giardino. Una bambina mi voleva tirare un calcio dall’altalena, mi ha presa di mira, non le sono piaciuta fin dal primo momento. Eppure che cos’ho che non va? Ancora adesso me lo chiedo, non ho capito il suo gesto di rabbia così estremo.
E infine la fame: chi l’avrebbe mai detto che potevo rimpiangere la solita merenda a base di frutta e verdura di casa mia? Una fame cieca e violenta. Stavo per svenire, quando alla fine, sotto una panchina, ho trovato qualcosa da mordere. A quel punto anche la mia vista era annebbiata.
Solo: non avevo capito che quello che stavo divorando era un paio di scarpe. Le scarpe di una signorina. Poco più di una bambina anzi, avrà dodici anni a guardarla da vicino. Non di più comunque. Una ragazzina, ecco. Silenziosa, gentile. Si era seduta un secondo per riposare, e io le ho portato via le scarpe. Come ho fatto? Se ci penso, un po’ mi vergogno. Poi mi ha presa e mi ha fatta sedere vicino a lei. Mi ha guardata con una dolcezza che non conoscevo. Potrà sembrare strano, ma adesso, in questo momento, non mi sento poi così male. Siamo qui insieme alla fermata, penso che diventeremo amiche. Aspettiamo qualcuno che ci riporti a casa.
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